A Muscat, capitale del sultanato dal 1793, la prima cosa che ti colpisce è la natura: montagne di roccia da una parte, mare ipnotico dall’altra, ricamato da spiagge bianchissime riservate ai resort più esclusivi. In mezzo si sviluppa la metropoli. Una città lunga 80 chilometri, quasi come la distanza fra Milano e Brescia, che tratteggia la costa con il suo fascino da fiaba araba al profumo di incenso. Benvenuti in Oman, leggendario Paese mediorientale dove le regole edilizie vietano di costruire palazzi alti più di 91 metri per non superare l’altezza dei minareti e scongiurare l’ “effetto Dubai”, e dove i ragazzi sfoggiano gli ultimi modelli di smartphone vestendo fieri gli abiti della tradizione.
Alla scoperta di Muscat
Nel cuore storico di Mutrah si scoprono il porto e la Corniche, fino al nucleo ancora più antico di Old Muscat. E poi le torri di guardia in collina, i fortini ereditati dall’invasione portoghese, il caleidoscopico Palazzo del Sultano che quasi nessuno ha potuto ammirare dall’interno (tra le poche guest-star ammesse spiccano infatti solo pochi nomi blasonati, come sua maestà la regina Elisabetta II d’Inghilterra). Imperdibile una visita alla Grand Mosque, un edificio di culto aperto ai turisti (ma con norme di buon senso nell’abbigliamento), dove i cortili e i colonnati di sfavillante marmo bianco intagliato da arabeschi classici si raccolgono attorno alla grande sala per le preghiere, tappezzata di mosaici e ingentilita da un tappeto persiano tessuto a mano in quasi 4 anni di lavoro. Fatto costruire dall’attuale sultano Qaboos bin Said Al Said come dono per il suo popolo, l’edificio brilla con la cupola d’oro e i quattro minareti a poca distanza dalla modernissima Royal Opera House: un’architettura bellissima, sede di spettacoli e concerti di fama internazionale, che vanno in scena tutto l’anno sotto la regia dell’italiano Umberto Fanni.
Il Neo-Rinascimento omanita
Chi si aspetta il Medioevo, a Muscat scoprirà dunque un Neo-Rinascimento illuminato dal sapore mediorientale. Basta infatti affacciarsi sulla spiaggia alla moda di Qurum o entrare in qualche shopping mall, per toccare con mano le testimonianze di una nuova generazione di creativi che portato in patria il sapere (e anche un po’ il gusto) di anni di studi trascorsi all’estero. Parlo di fashion designer come Kooki & Zee, interpreti di capi romantici, con richiami vittoriani e decori moreschi. Ma anche delle sorelle Al Zakwani, fondatrici del brand Endemagé che spopola nei Paesi del golfo: i loro abiti dal look minimalista si ispirano alla natura, a partire dalle foglie intrecciate delle palme di dattero.
Fra forti, castelli e wadi
L’amore per le proprie origini – ma con uno sguardo attento sulla modernità – a Muscat è un sentimento comune a tutti gli abitanti. Basta però prendere l’autostrada (nuovissima e gratuita) in direzione Nizwa (dove ogni venerdì all’alba va in scena il mercato del bestiame), ed ecco che si entra in un’altra dimensione spazio-temporale: lì i protagonisti sono le oasi, le palme, i villaggi in pietra che stanno rinascendo a colpi di restauro, come quello di Al-Hamra. Intorno ci sono i wadi, i letti dei fiumi incorniciati dalla vegetazione color smeraldo, che qua e là danno vita a piscine naturali dove si può tranquillamente fare il bagno. Poi arrivano iconiche presenze di pietra come il castello di Jabrin, sullo sfondo di montagne color ocra che sembrano cartapesta. Oppure, anche se più distante, il Forte di Bahla: originario del XIII-XIV secolo, è stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio mondiale dell’umanità.
Il Grand Canyon delle rose e il deserto di dune
Una magia l’arrivo all’altipiano di Saiq, sul massiccio dell’Al Hajar, che regala scorci memorabili sull’adiacente Grand Canyon. Lì, a duemila metri di quota, in primavera sbocciano le rose per la produzione dei profumi omaniti (li acquisti nello showroom alle porte di Muscat e in aeroporto, brand Amouage). Poi si ridiscende verso la pianura fino allo skyline di dune del Wahiba Sand, un deserto “umido” bagnato di rugiada: rosso dove si deposita, arancione e giallo quando il vento la fa scivolare via. Dormendo in un campo tendato (lo consiglio vivamente), si può assaporare l’energia della terra e delle stelle che brillano in cielo, intense e luminose, per la totale assenza di inquinamento acustico. Ma il vero spettacolo è all’alba: contemplando l’immensità del mare di sabbia che si perde a vista d’occhio al sorgere del sole, si entra in uno stato di pace e di beatitudine estetica. Poesia allo stato puro!
Ultima tappa: Zanzibar
Sulla Via dell’incenso, la tratta carovaniera che collegava la Penisola arabica con il Mar Mediterraneo, spicca il nome di un’isola bellissima. È quella di Zanzibar, che ovviamente non si trova fisicamente sull’antica rotta, ma che ha fatto a lungo parte del Sultanato dell’Oman. In realtà Zanzibar non è un’isola, ma un arcipelago: una manciata di scogli e lingue di terra e sabbia che galleggiano attorno a Unguja, l’isola “madre”, che in Europa chiamiamo comunemente Zanzibar. Un luogo mitico, dove la capitale Stone Town è costruita con il corallo e il fascino del sultanato sopravvive nei palazzi e nelle architetture color pastello del lungomare. La città è un incanto, poi per il mare ci si sposta sul lato opposto dell’isola, dove le spiagge sembrano fatte di borotalco e l’acqua vira dal cristallo al turchese, regalando pennellate cromatiche che si allungano fino a toccare l’azzurro del cielo. Dopo l’incenso, il deserto, i palazzi dalle mille e una notte del sultanato, adesso parla la natura!