Sushi, ramen, kaiseki… Sono i must della gastronomia giapponese, pietanze che dietro all’apparente semplicità racchiudono sofisticate tecniche di preparazione e una raffinatezza di accostamenti che solo la pazienza (e la competenza) di chi li esegue, riesce a garantire. Dallo street food agli indirizzi stellati, ecco un vademecum da ricordare, per poi metterlo in pratica sul posto, non appena torneremo a viaggiare.
SUSHI, SASHIMI, TEMPURA
Li conosciamo tutti, stanno al Giappone come pasta e pizza stanno all’Italia, ma vi siete mai chiesti quanta preparazione c’è dietro una piccola composizione di riso e tonno, o un piatto di fettine crude di pesce o carne? Credetemi, moltissima: il rigore nipponico a tavola diventa ricerca assoluta della perfezione, piacere estetico e armonia cromatica, fino a trasformare il mix di riso bollito, pesce crudo, alghe nori, uova o avocado, in una specie di orgoglio nazionale. Lavorato a roll larghi o sottili, pressato, modellato a mano, impiattato secondo lo stile Edo o servito nelle mille varianti regionali, il sushi abbina la leggerezza del pesce all’assenza di condimenti troppo unti, esaltando sensorialmente la materia prima, qui proposta nella sua forma più pura. Diverso il discorso della tempura, che come sappiamo è un piatto fritto (pesce o verdure, gamberetti, calamari, inzuppati in una pastella d’uovo, acqua e farina), ma in versione super leggera. Il sashimi, poi, può addirittura trasformarsi in una forma di food art. Date un’occhiata alle immagini postate dall’instagramer giapponese Mikyou, e capirete…
KAISEKI, LA PERFEZIONE DELLA TRADIZIONE
La cucina tradizionale nipponica affonda le sue origini a Kyoto, dove i ristoranti specializzati promettono, e mantengono, esperienze sensoriali indimenticabili. Nel vassoio, tanti piccoli recipienti di lacca, ceramica, legno o bambù, disposti con gusto artistico, contengono porzioni mignon di cibi dai sapori indimenticabili. Non una versione nipponica delle tapas spagnole, ma pietanze create attraverso regole auree basate sulla ricerca maniacale di una somma di fattori, alla ricerca costante della perfezione. Verdure e pesce, alghe e funghi, presentati in diversi abbinamenti di sapori (salato, dolce, acido, amaro, piccante), colori (bianco, rosso, nero, verde, giallo) e metodi di cottura (alla brace, fritto, bollito, crudo, al vapore), coinvolgono davvero i cinque sensi. Un flan di uova, un sashimi di stagione, un tofu, un pesce grigliato e un semplice gohan, la classica ciotola di riso bianco servita insieme a ingredienti stagionali, dopo un viaggio in Giappone non vi sembreranno più la stessa cosa.
RAMEN E IL CAMPIONE MONDIALE DELLA PASTA
Anche se originari delle Cina, i ramen (versione locale dei noodles, tipo i nostri tagliolini) hanno avuto molta diffusione nel Paese del Sol Levante, tanto da differenziarsi di regione in regione seguendo i precetti della filosofia Kaizen, rivolta alla continua ricerca del miglioramento. Questa “pasta lunga alla giapponese” annegata in diversi tipi di brodo (di pesce, pollo o maiale…), viene servita insieme a un mix di ingredienti: miso, salsa di soia, verdure (ottimo il cavolo cappuccio), pesce, carne, dado, aglio, ma anche ortaggi, kombu (un’alga bruna), funghi, cipolle, fettine di maiale, manzo arrosto. È un piatto tradizionale che ha saputo adeguarsi alle specificità locali, strizzando l’occhio all’evolversi dei gusti e delle mode. Altrimenti come avrebbe fatto lo chef Keita Yuge, giapponese doc, ad accaparrarsi lo scorso anno il titolo di Master of Pasta, vincendo la medaglia d’oro all’ottava edizione del Barilla Pasta World Championship? (PS: per amor di precisione non erano tagliolini ma penne al Gorgonzola al profumo giapponese, con salsa alle ostriche aromatizzate al Sakè e una piccola, geniale aggiunta di fungo Koji).
L’ARTE PIÙ DOLCE
Anche la pasticceria ha le sue storie da raccontare. Nei secoli i giapponesi hanno affiancato alle ricette “nazionali” quelle dei dessert occidentali, e oggi ce le restituiscono arricchite di creatività e inventiva, alla ricerca, ancora una volta, del bilanciamento perfetto. Qualche nome? Dai wagashi che tradizionalmente accompagnano la cerimonia del tè (dolcetti a base di farina di riso, fagioli, patate dolci, ma anche sesamo e soia), alle palline di riso mochi, agli yogashi: cheesecake, sacher, brioche d’ispirazione francese, talvolta anche americana, reinterpretate secondo lo stile nipponico. Qualcuno emula perfino il nostro panettone.
DAGLI CHEF STELLATI AI MERCATI
Accanto ai ristoranti stellati Michelin, di cui Tokyo detiene probabilmente il primato mondiale (ben 234), in tutto al Paese meritano attenzione i sushi bar, le locande con cucina tradizionale (Ryokan), le catene di ristoranti di cucina casalinga (per esempio Sagami e Yoshinoya) e i mercati. Girovagare fra le bancarelle non solo è divertente, è anche l’occasione per provare la versione nipponica dello street food, seduti ai tavolini a un passo dai banchi di generi alimentari. Se a Tokyo il mercato più celebre è quello del pesce Toyosu, a Kyoto non si possono perdere i negozi alimentari del mercato di Nishiki, e a Sapporo i banchi del famoso mercato dei granchi (Sapporo Jyogai Ichiba). Un capitolo a parte merita Osaka, che accanto al mercato ittico di Chuo Oroshi-Uri Ichiba, vanta glorie da street food quali le ormai celebri takoyaki: polpettine calde e croccanti di polpo e pastella, con l’aggiunta di zenzero e cipollotto fresco, condite con salsa o maionese giapponese. Così buone che hanno cominciato a spopolare anche fuori dai confini nazionali.