Racconti di viaggio

Le molte anime di Mauritius

Ho scritto varie volte di Mauritius, senza paura di ripetermi, senza stancarmi mai. Quest’isola-repubblica dell’Oceano Indiano per me è come il canto delle sirene: non riesco proprio a resisterle. Ne aveva colto benissimo il senso il poeta mauriziano Robert Edward Hart, quando la paragonava al «colore dell’uva verde e dell’ambra» che illumina il cielo al tramonto, prima che la notte avvolga l’orizzonte con il suo manto di stelle. Facile innamorarsi di Mauritius, difficile andarsene. Ma sia che ci mettiate piede per la prima volta, sia che facciate parte, come il sottoscritto, del lungo elenco di repeaters, un consiglio vorrei darvelo. Godetevi le spiagge ma guardatevi attorno: questa è molto più di una bella cartolina esotica dove staccare la spina.

Qualche dato generale

Con i suoi 330 chilometri di costa abbracciati dalla barriera corallina, Mauritius è l’emblema della tolleranza etnica e religiosa, con decine di culti professati e un melting pot armonioso di razze e culture: la capitale Port Louis ad esempio ti trasporta in un’atmosfera da India elegante e remota, anche se l’isola è più vicina al Madagascar che alla terra dei Maharaja. Politicamente Mauritius è una repubblica; i suoi abitanti (circa 1 milione 200 mila) parlano francese, inglese, creolo, cinese, hindi. E chi cerca spiritualità in salsa esotica trova un fitto calendario di eventi (oltre a 500 templi indiani sparsi su tutta l’isola): dalla festa induista di Divali a ottobre-novembre che celebra la vittoria del bene sul male, al Thaipoosam Cavadee in occasione della luna piena, fra gennaio e febbraio, al capodanno cinese lungo le strade della locale China Town.

Una natura miracolosa

Visitate le piantagioni di canna da zucchero e preparatevi a scalare le montagne. L’anima verde di Mauritius è incantevole, come ci “racconta” il Domaine de l’Étoile, un’antica piantagione trasformata in un parco naturale con 1200 ettari di foresta e suggestivi percorsi hiking lungo le ripide vallate. O come rivela il colpo d’occhio sulla Vallée de Ferney, un santuario per gli amanti dell’ecoturismo a cui tiene testa solo il primo parco nazionale dell’isola, quello di Black River Gorges, custode di rarità come i preziosi alberi di ebano. È una riserva protetta anche l’isola corallina di Aigrettes, “residuo” di sabbia emersa migliaia di anni fa nella poetica laguna di Mahébourg, che ospita diverse specie endemiche di flora e fauna. Rimangono ancora da scoprire un museo naturale a cielo aperto (La Vallée des Couleurs, con le rocce magmatiche ricoperte di cenere vulcanica che regalano decine di sfumature diverse) e due siti Unesco: la penisola di Le Morne Brabant, lo sperone roccioso alto 556 metri, abbracciato da una laguna, che dà il nome al sito; e l’Aapravasi Ghat a Port Louis, realizzato alla metà del XIX secolo come centro di raccolta degli immigrati arrivati fin qui con il perverso sistema della servitù debitoria.

Signori, le spiagge

Nel mare d’opale e di turchese, le spiagge sono di una bellezza sconvolgente: bianchissime, finissime, infinite, immerse nella calma pacificante di lagune improvvise o incorniciate da scure rocce vulcaniche. In un’ideale top ten il posto d’onore va sicuramente all’Ile aux Cerfs, a dieci minuti di barca, seguita da Flic-en-Flac e Blue Bay, la riserva marina gettonatissima fra i sub, dove mi sono divertito a fare snorkeling e a galleggiare sulla trasparenza liquida dell’acqua a bordo di una barca dal fondale di vetro. In barca, per l’avvistamento dei delfini si va nella baia di Tamarin. Se poi cercate altri luoghi idilliaci, a Mont Choisy troverete prevalentemente mauriziani. Mentre a Pereybere i fondali bassi diventano una suggestiva piscina naturale nella quale nuotare in compagnia di pesci colorati. Ottima anche per i bambini, ça va sans dire.

Dallo street food al ristorante gourmand

Su un’isola multiculturale la gastronomia racconta di terre lontane, di viaggi in mare e di nostalgia per i sapori (spesso speziati) dei paesi d’origine. Ecco perché a tavola potete ordinare menu cinesi, indiani, mediorientali, francesi, ed ecco perché l’ottimo street food convive fianco a fianco con ristoranti gastronomici aperti su suggestive verande coloniali a un passo dal mare. Quando cala il sole, i ricordi delle spiagge e della natura lasciano inevitabilmente posto ai piaceri della gola, così permettetemi un ultimo consiglio: cenate pure nei resort, ma ancora una volta guardatevi in giro. Seguite l’aroma delle spezie e assaggiate qualche piatto local, dessert compresi: la dolcezza di Mauritius è racchiusa anche in un pudding di manioca o in una ciambella Piaw dal sapore mediorientale.