Racconti di viaggio

LA MIA CUBA

Quel giorno di luglio di alcuni anni fa l’umidità sfiorava l’80% ed i capelli che avevo raccolto in un pratico chignon dietro la nuca, una volta slegati si sbizzarrirono in mille ricci. Il mascara, quasi, si sciolse lungo le ciglia. La stanchezza del volo intercontinentale svanì non appena il pilota annunciò il landing. Quel giorno, non un giorno qualsiasi ma un giorno pieno di luce e pieno di aspettative, Matteo mi prese la mano ed insieme atterrammo all’aeroporto dell’Avana.

In quel giorno, assolutamente perfetto, prendeva forma uno dei viaggi più belli di tutta la mia vita!

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Ne è passato di tempo da allora, ma le immagini fotografate dentro ai nostri occhi, incise nella nostra anima, quelle, non sono svanite, né sfumate, ma rimangono indelebili come i graffiti dei murales disegnati sulle case di questa città.

E così oggi ho voglia di raccontarvi la mia Cuba, mossa dalla ferma convinzione che tutto sia rimasto miracolosamente immutato, gelosamente custodito. Almeno fino ad ora…

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Dagli spruzzi d’acqua salata che bagnano il Malecon quando il vento solleva furiosamente le onde dell’Atlantico agli intonaci delle facciate verde e rosa pastello di Camaguey. Dai vicoli tortuosi che si inseguono e si intrecciano tra gli edifici coloniali di Trinidad all’incessante rullio dei tamburi che produce note proibite, quelle della rumba. Dalle Chevrolet, le immancabili coloratissime auto d’epoca parcheggiate agli angoli dei palazzi dell’Habana Vieja alle terrazze fiorite di Santa Clara.

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Dai romantici e ricurvi lampioni in stile liberty che si accendono al tramonto e si spengono puntualmente al sorgere del sole alle anziane signore che ancor oggi fumano con orgoglio il proprio sigaro e sorseggiano con disinvoltura ron cubano. Dai bambini che incontrammo ovunque, per le strade, nelle spiazze, sui sagrati di chiese e cattedrali, semplicemente felici, sorridenti e chiassosi, che imparano a ballare la salsa quasi ancor prima di imparare a camminare.

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Ripenso alla sua gente un popolo colto, cordiale, disponibile, allegro, generoso, fiero e conservatore, all’ospitalità che ci hanno dato quella sera che abbiamo festeggiato fino alle prime luci dell’alba dentro un’abitazione privata: dalle casse appese ai balconi le note della musica latina a tutto volume!

Nelle orecchie ho ancora il gorgoglio delle sorgenti di acqua fresca avvolte dalla fitta e rigogliosa vegetazione caraibica da ricercare pazientemente nell’entroterra dell’isola.

In bocca il sapore della comida criolla spesso accompagnata dal tradizionale Mojito, così diverso dalle blande imitazioni europee.

E sotto i piedi la morbida sensazione che mi dava camminare sulle sue spiagge, infinite, paradisiache, lambite da un mare cristallino, trasparente, tiepido, sulle quali si affacciano e si confondono isole ed isolette, un arcipelago fatto da oltre 4000 cayos. Noi scegliemmo Cayo Largo del Sur per dare continuità al nostro “sogno”, per chiudere in bellezza la nostra vacanza a Cuba.

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Oggi mi riprometto che, un domani molto prossimo, ritornerò qui a mangiare aragosta servita sopra un tavolo improvvisato sulla sabbia, ad alleggerirmi i pensieri dentro un bicchiere dei più invecchiati e nobili rum caraibici. E di sicuro ci tornerò con Matteo, che mentre atterriamo mi stringe forte la mano!