Racconti di viaggio

Indonesia: cinque isole (quasi) segrete

In Indonesia ci sono oltre 17mila isole sparse nel blu dell’oceano, ai due lati dell’Equatore: di qua Asia, di là Oceania (ne parlo meglio fra poco). Con circa 2 milioni di chilometri quadrati di superficie, va da sé che visitarle tutte è impossibile. Se avete bisogno di una guida per cominciare, e non volete partire da Bali, noi ve ne suggeriamo cinque: tutte diverse, ipnotiche, bellissime. E (quasi) segrete.

NUSA LEMBONGAN

Galleggia pochi chilometri a sud-est di Bali, ma alzi la mano chi la conosce. L’isola dei surfisti australiani, delle vacanze alla Robinson Crusoe nei primitivi capanni sulla spiaggia, del fascino tropical-wild barattato con la totale assenza di comfort, oggi è un piccolo paradiso di romantici resort vista tramonto su spiagge solitarie (Lembongan Beach, per esempio), distanti quanto basta dagli attracchi delle imbarcazioni che fanno quotidianamente la spola con Bali. Nusa Lembongan è perfetta per chi ama la semplicità di una natura a effetti speciali: acqua cristallina, piccoli villaggi, foreste di mangrovie, le scogliere di Devil’s Tear per contemplare le onde che s’infrangono sulla roccia, gli strani coralli a forma di fungo di Mushroom Bay, l’incanto infinito di spiagge spolverate di sabbia finissima, bianca, accecante, dove ammirare l’alba e il tramonto protetti da un’appagante solitudine. Accanto a qualche tempio – come Pura Puseh e Pura Segara – il vero incanto lo mette in scena il mare, un mondo sommerso fitto di coralli e di pesci Mola Mola, paradiso per gli amanti di immersioni e snorkeling. Per esplorarla non servono macchine: è un microbo esotico, bastano un motorino (che poi è il mezzo più diffuso) e una barca.

BAWAH ISLAND

L’ “altra Indonesia” è un mosaico quasi deserto di sei isole nel mezzo del nulla, su un mare brulicante di vita. Più vicine a Singapore (un’ora e mezza di volo) che a Giacarta, rappresentano l’ultima frontiera della vacanza eco-friendly, ma di lusso: si dorme in ville overwater tutte in legno dove il comfort c’è, eccome, ma non è mascherato dalla forzatura stilistica del design. Le spiagge si esplorano in canoe dal fondo trasparente, nella Spa ci si abbandona ai massaggi giornalieri (fra una lezione yoga e l’altra) e alla sera tutti a sprofondare in morbidi cuscini per lo spettacolo del cinema in riva al mare, sotto un cielo pieno di stelle al quale non si smette mai di abituarsi. Un luogo speciale, Bawah Island. Dove la filosofia olistica basata sull’utilizzo di materiali eco compatibili, come bambù e legno riciclati, dialoga con una natura esplosiva, fuori dal tempo; avvolta dalle sfumature azzurre, verdi, blu indaco del mare, e con il suono delle onde come unica playlist.

LOMBOK

«A Bali devono costruire templi per onorare la natura. A Lombok non serve. A Lombok è la stessa natura a essere divina». Le ricordo ancora queste parole di Frédéric Simon, un giovane francese arrivato sull’isola per dirigere un resort. La sua non era un’affermazione astratta. Era una convinzione inconfutabile, buttata lì con nonchalance dopo avermi accompagnato in jeep in cima a un panettone verde, in un punto isolato della costa meridionale, per regalarmi lo spettacolo del mosaico di spiaggette davanti a uno dei mari più belli dell’Indonesia. Bali è vicina, ma Lombok è diversa. Qui non ci sono templi induisti ma il richiamo del muezzin, il suo nome significa peperoncino, le sue armi di seduzione si chiamano spiagge, foreste, steppe e vulcani. Una visita ai villaggi dell’etnia locale sasak, con le case-granaio dai tetti in erba e le pareti in bambù, è il pretesto per toccare con mano il piccolo miracolo della natura documentato nel XIX secolo da Alfred Russel Wallace, il naturalista britannico che proprio qui tracciò un’immaginaria linea di demarcazione fra il continente asiatico e l’Oceania. Spostandosi nell’entroterra, la natura cambia infatti improvvisamente nell’arco di pochi chilometri, passando senza soluzione di continuità dalle immense giungle tropicali, ad autentici scorci da Outback australiano.

GIAVA

Il cuore dell’Indonesia è quest’isola – la più popolosa, quella con il maggior sviluppo economico – che in un battito d’ali ti proietta dalla modernità intrigante della capitale Giacarta, alla magia di un entroterra cadenzato dal ritmo lento del gamelan (l’orchestra di strumenti musicali indonesiani), tra foreste di bambù, risaie a terrazze, vulcani abbracciati da parchi nazionali. La vera sorpresa, però, sono le spiagge: Pangandaran, che condivide la limpida acqua color cielo con la vicina Batu Karas, la caletta di Timang, oppure Parangtritis. Per respirare a pieni polmoni l’idillio di una vacanza alla Cast Away c’è la minuscola galassia delle Karimunjawa, al largo della costa settentrionale: su un’isola privata, nel lusso del Kura Kura Resort si passeggia su spiagge borotalco avvolte da un mare con tutte le sfumature del cielo, davanti a una barriera corallina dichiarata parco marino. Come alle Maldive, ma con un pizzico di fascino in più.

ISOLE GILI

L’effetto-Maldive, ma di 40 anni fa, va in scena anche nel minuscolo arcipelago delle isole Gili: un microcosmo idilliaco, dove il sogno tropicale di spiagge borotalco punteggiate dai palmeti raggiunge punte di raffinata bellezza. La più grande è Trawangan, a due ore e mezzo di barca da Bali, con le dune di sabbia e le battute di snorkeling fra le tartarughe, qualche bar e ristorante per chi non vuole rinunciare alla movida notturna, boutique, ottimi centri diving. La fuga romantica si fa a Gili Meno (mezz’ora di barca da Lombok), una cornice di sabbia fra le più belle dell’Indonesia, con la giusta dose di atmosfera da luna di miele. Spiagge da sogno, immersioni, lunghe passeggiate in riva al mare, tramonti che si spengono nell’azzurro del mare: il paradiso com’era, e come è ancora.