Racconti di viaggio

Cinque motivi per andare a Barbados

L’isola più nera delle Piccole Antille – l’arcipelago che da Portorico si allunga fino al Venezuela – è un paradosso geografico. Di quelli che se non lo sai non te lo aspetti, perché cosa c’entrano il rito dell’afternoon tea con i sapori speziati della cucina creola, le spiagge “wow” con le colline color smeraldo punteggiate di cottage, le chiese anglicane con i chiringuito e soprattutto il wind-kitesurf con polo e cricket, quest’ultimo eletto, addirittura, al rango di sport nazionale (basti pensare che un campione assoluto quale Sir Garfield Sobers, è nativo di Barbados)? La risposta, come spesso accade, è scritta nella storia.

CARIBE BRITISH STYLE

Abitata in prevalenza dagli eredi degli schiavi africani, l’isola è stata dominio britannico per quattro secoli, fino al 1966, anno dell’indipendenza, che tuttavia – per volontà dei barbadiani – non ha sancito l’uscita dal Commonwealth. Così anche se vive a Buckingham Palace, sua maestà Elisabetta II continua a essere la regina di Barbados. E le preziose usanze british continuano a influenzare lo stile di vita locale, nonostante le differenze di clima, razza, dimensioni, geopolitica. Ecco dunque spiegato il “paradosso” Barbados: un irresistibile mix di atmosfera creola fra palme, rum e scorci di piccola Inghilterra (che poi è il soprannome dell’isola) come la mini Trafalgar Square, con tanto di statua dell’Ammiraglio Nelson, nel cuore della capitale Bridgetown.

 

UN’ISOLA GLAM

Quando lo frequentava Winston Churchill si chiamava Gold Coast ma oggi, visti i prezzi milionari delle ville, il magico litorale che si allunga a nord della cittadina di Holetown è diventato – per coerenza – Platinum Coast. Un angolo luxury nella piccola Barbados, che prima di diventare famosa aveva già conquistato, con le sue spiagge infinite e le sue tremila ore di sole all’anno, molti nomi celebri, da Ernest Hemingway a Gabriel Garcia Márquez, da Pavarotti alla Regina Elisabetta II, che negli anni Settanta soggiornava nell’affascinante – e molto british – Sam Lord’s Castle Hotel. I divi di Hollywood che vengono qui in vacanza non si contano, ma la più paparazzata è sempre lei, la cantante-modella, Rihanna, anche solo per il fatto che a Barbados è, letteralmente, di casa: è nata nel 1988 a Saint Michael, parrocchia di Bridgetown, dove torna spesso per trovare parenti e amici d’infanzia.

 

A OGNUNO LA SUA SPIAGGIA

Tanti, troppi per elencarli – e visitarli – tutti, i lidi sabbiosi di Barbados sono fra i più seducenti dei Caraibi. C’è da perdere la testa nell’infinita sequenza di spiagge, baie, cale dall’effetto borotalco (ad eccezione di Crane Beach, ricoperta di granellini rosa). A ovest, una dopo l’altra sfilano Paynes Bay, dove la sabbia soffice come cipria incontra il mare cristallino, Alleynes Bay, famosa per le tartarughe, la gettonata e affollata Mullins Bay. Nei dintorni della capitale si scoprono la più solitaria Sandy Lane Beach e quindi Rockley e Dover Beach, la prima frequentata dalle famiglie con i bambini, la seconda meta di wind e kitesurfer. Per le immersioni non perdete Carlisle Bay, un porto naturale dichiarato parco marino, oppure il più piccolo Folkestone Marine Park: un paradiso dello snorkeling con i pesci che nuotano lungo una barriera naturale brulicante di vita.

 

DA NON PERDERE

Barbados ha molti volti, da scoprire un po’ alla volta, con l’animo di chi cerca poesie nascoste. Così basta allontanarsi dalle spiagge per accorgersi che, fra una partita di cricket e una corsa a cavallo sui prati, il cuore antico di Bridgetown con il Garrison, l’ex quartier generale della guarnigione militare britannica, fanno parte della lista dei beni protetti dall’Unesco. Per approfondire la storia di quest’angolo di Inghilterra sotto il sole andate al Barbados Museum, poi al secolare Mulino Morgan Lewis per la lavorazione dello zucchero, oppure agli Andromeda Gardens, paradiso di biodiversità botaniche, quindi all’Harrison Cave, grotta di stalattiti nel bel mezzo di una foresta tropicale, nella quale si scende a bordo di un trenino elettrico. Se poi al tè delle cinque preferite il rum – quello locale, dolce, forte, caramellato – la Mount Gay Rum, sulla costa di Saint Michael, è fra le più antiche del mondo. La visita è un must, la degustazione un rito da non mancare.

 

LA MAGIA DEL BARBADOS FOOD & RUM FESTIVAL

Al pari del cricket anche il rum, sull’ex isola degli schiavi neri, è una specie di patrimonio nazionale, tanto che ogni anno a fine ottobre accompagna i piatti della cucina creola – bajan, come la chiamano qui – durante il Barbados Food & Rum Festival. Assaggiate lo stufato piccante di carne (pepperpot) e il pesce fritto, soprattutto il Flying Fish & Coucou, pesce volante e polenta, oppure il Pudding and Souse, dove la carne di maiale, marinata in succo di lime, è accompagnata da pudding e spezie. Extra festival, l’indirizzo per una cena indimenticabile è la Fisherpond Great House a St. Thomas, con le tavole apparecchiate nella casa coloniale di una storica piantagione. Oppure The Cliff, dove le terrazze illuminate da fiaccole, affacciate sulla spiaggia, creano il giusto côté per gustare i raffinati – e non economici – piatti dello chef Paul Owens.