Racconti di viaggio

Cinque cose da non perdere a Giava

L’isola più densamente popolata dell’Indonesia, la più importante economicamente, galleggia nel cuore dell’arcipelago a ovest di Bali. Potete visitarla “in esclusiva” o abbinarla a una vacanza sull’isola degli Dei. In entrambi i casi, ecco cosa non potete perdere.

Giacarta (o Jakarta)

La immaginiamo come tanti puntini sparsi nel blu dell’oceano, senza sapere che nonostante sia fatta solo di isole – circa 17mila, in continua metamorfosi economica e sociale – l’Indonesia è una nazione sconfinata. Giava è una collezione di bellezze nel cuore dell’arcipelago, e il cuore del cuore è Giacarta, la capitale: una megalopoli di 10 milioni di persone, perennemente in bilico fra tradizione e modernità, con i grattacieli che abbagliano e le tracce del passato coloniale che hanno preso saldamente casa a Kota Tua, il nucleo antico. Abitazioni dai tetti a punta raccontano dei tempi del dominio olandese, insieme a qualche bel museo (quello sulla storia della città è in una casa del 1700) e nostalgici ritrovi iconici come il Cafè Batavia, pieno di foto d’epoca, lampadari e memorabilie preziose. Il tempo riavvolge il nastro anche al mercato di Jalan Surabaya, dove si possono acquistare antichità e tessuti originali, poi mette in scena eccellenti compromessi all’ora di cena, quando la scelta spazia fra i popolari mercati coperti, come il Food Market Sunter, e i raffinati ristoranti negli hotel di lusso. Da Henshin, al The Westin Jakarta, protagonista è la cucina Nikkei. Al Dharmawangsa Hotel, Sriwijaya regala atmosfere vellutate e piatti indonesiani reinterpretati con gusto francese. Mentre al Mandarin Oriental, Li Feng è il regno della cucina cantonese filtrata da tecniche moderne di cottura. Un esempio? Il dim sum di cigni neri cotti con l’azoto liquido.

 

Yogyakarta

È la capitale spirituale, l’anima dell’Indonesia, e in un certo senso anche la testa: nelle sue vie si respira cultura fin dai tempi del Kraton, il palazzo del sultano, sorto nel XVIII secolo attorno a un mosaico di corti e padiglioni decorati che oggi ospitano musei, performance artistiche, spettacoli di burattini e un suggestivo teatro delle ombre (l’altro indirizzo per non perderlo è il museo Sonobudoyo: si assiste agli spettacoli e si visitano le collezioni di maschere, marionette e giocattoli giavanesi). Per un batik tradizionale puntate su Jalan Malioboro, la via piena di negozi dove va in scena il principale mercato cittadino di frutta, verdure e spezie. Ma Yogyakarta è anche il punto di partenza per due fra i più importanti siti archeologici dell’Indonesia: i templi induisti di Prambanan, e il complesso buddista di Borobudur.

 

Il tempio buddista di Borobudur

Svetta nel verde della pianura come una colata artistica di pietra scura decorata da statue, stupa, bassorilievi che ti fanno subito venire voglia di sederti nel prato a meditare. Invece ti ritrovi a macinare scalini (non troppi) e inghiottire nastri sequenziali di terrazze dove a ogni passo va in scena qualche meraviglia. Voluto dalla dinastia Sailendra fra il 780 e l’840 d.C., Borobudur è l’inno terreno alla gloria del Buddha, il più grande al mondo, abbandonato per anni e riscoperto nel 1814 da Thomas Stamford Raffles (il fondatore di Singapore), restaurato prima dagli olandesi poi dall’Unesco. I suoi numeri sono imponenti: 1milione 600mila blocchi di pietra, 2.672 bassorilievi, oltre 500 statue del Buddha che ci osservano come moniti in pietra al potere universale della legge buddista per antonomasia, quella di causa-effetto.

 

Prambanan e Ratu Boko

Tre chilometri a sud di Borobudur, i resti di Ratu Boko raccontano di quello che un tempo era un palazzo bellissimo: costruito nell’XVIII d.C. dalla dinastia buddista Syailendra, poi passato ai re indù Mataram, guardava dall’alto di una collina il vicino complesso sacro con un gioco di stanze e templi protetti da suggestivi cancelli d’ingresso. Il sito è un piccolo gioiello che vale la sosta prima di raggiungere Prambanan.

Che non è solo un gigante sacro, un immenso tempio induista casa di Shiva il distruttore, Vishnu il custode e Brahma il creatore (a ognuno dei quali è dedicato un tempio). È anche un luogo “vivo”, sede di cerimonie, dove il binomio monumento-area sacra è cullato da un paesaggio di velluto verde che, fra viali e aiuole curatissimi, scandisce l’ingresso al complesso.

 

Monte Bromo

Deserto e surreale, al punto da sembrare alieno, il vulcano più famoso di Giava buca le nuvole emergendo da un mare di sabbia. È un cono increspato di 2.329 metri d’altezza, in una cornice di altri coni vulcanici, all’interno del parco nazionale di Bromo Tengger Semeru, dove si trovano ottimi lodge per dormire. Esperienza consigliata se volete svegliarvi all’alba (e sono in tanti a farlo) per ammirare il sole che incendia la caldera. PS Se l’attività eruttiva lo consente, fatevi portare fino alle pendici del vulcano: dal cratere fuoriescono zolfo, fumo, nubi di vapore, ma vi sembrerà lo spettacolo più bello e potente del creato.