Chi non ha mai sognato di andarci alzi la mano! Amato e desiderato, il Brasile di Rio de Janeiro, delle spiagge chilometriche dall’effetto borotalco, delle cascate più spettacolari del pianeta, è una destinazione che affascina da tutti i punti di vista.
Quando ci ho messo piede la prima volta ho cercato di ripercorrere le tappe classiche per accorgermi, con grande sorpresa, che alcuni miti sono diversi da come te li immagini. Il primo è che il samba (l’articolo al maschile è più appropriato) qui non si insegna come il tango a Buenos Aires. Quell’ammiccare di anche che ondeggiano a suon di musica i brasiliani lo imparano da bambini lungo le strade, in riva al mare, perfino nelle favelas, ed è parte intrinseca del loro Dna. Il secondo è che il Carnevale riserva le sue sfilate più belle al Sambodromo (realizzato da Oscar Niemeyer, il grande architetto recentemente scomparso), mentre quelle che i brasiliani chiamano scuole di samba in realtà cuciono costumi e costruiscono carri.
Altri miti inossidabili invece sono proprio come te li aspetti, dalla salita in cremagliera fino al panettone verde del Corcovado per ammirare la statua del Cristo Redentore e la città dall’alto, ai litorali sabbiosi di Ipanema e Copacabana incorniciati dai condomini milionari nel bel mezzo di una baia di 8 chilometri considerata la più scenografica del mondo. Consiglio di non perdere la chiesa barocco-portoghese di Nostra Signora di Candélaria, il Teatro Municipal che ricorda un po’ l’Opéra di Parigi e la storica Confeitaria Colombo, della fine del XIX secolo, piena di specchi e cristalli. Il quartiere di Lapa è il fulcro della movida, il luogo perfetto per tirare l’alba ballando samba nelle strade e bevendo Caipirinha e Batida nei locali.
Se invece siete patiti di architettura come me, la star assoluta è il Museu do Amanhã: progettato dallo spagnolo Santiago Calatrava, è dedicato alle scienze (la forma ricorda in effetti un astronave) ed è stato inaugurato alla fine del 2015, poco prima dei giochi olimpici.
Un altro mito che non delude sono le cascate di Iguaçu al confine con l’Argentina e il Paraguay, che da Rio distano 1500 chilometri e si raggiungono in aereo, occhi incollati all’oblò, nella speranza di riuscire ad ammirarle dall’alto. In questo mondo liquido all’interno di un’area verde dichiarata parco nazionale, 275 cateratte (ma il numero esatto varia in base alla piena del fiume) formano un anfiteatro d’acqua che si allunga a perdita d’occhio, sollevando nuvole di vapore dense come nebbia. Dirimpettaio al lato brasiliano c’è quello argentino, ed è bello visitarli entrambi, per ammirare lo stesso fenomeno da diverse prospettive.
Sempre in aereo, lasciato l’acquerello di alberi e acqua alla volta della Foresta Amazzonica, mi domando per quanto tempo il polmone verde del pianeta, che si può scoprire facilmente partendo da Manaus, capitale dello Stato di Amazonas e del caucciù, resisterà alla deforestazione e all’inquinamento globale. Ma una volta atterrato mi dimentico di tutto, dei milioni di chilometri quadrati di foresta andati perduti, del passato, del futuro, degli scenari pessimistici e delle politiche di preservazione che si stanno mettendo in atto a salvaguardia dell’ambiente e delle popolazioni indigene, per godermi il momento presente.
Avendo poco tempo opto per la navigazione in barca a motore lungo lo spettacolare abbraccio fra il Rio Negro e il Rio delle Amazzoni, tanto avrò modo di camminare nei prossimi giorni, quando visiterò le ultime due destinazioni del mio viaggio: la cittadina coloniale di Olinda (alle porte di Recife) dichiarata dall’Unesco patrimonio mondiale dell’Umanità, come buona parte delle meraviglie che ho appena lasciato, e Salvador de Bahia.
Qui, nella città più africana dei Brasile “Le donne profumano di garofano e cannella, gli uomini sfoggiano torsi d’ebano intagliati”, scriveva in un suo libro Jorge Amado, nativo proprio di Bahia. La sua casa nel quartiere del Pelourinho è diventata un museo che consiglio di visitare, prima di perdersi nel poetico mosaico urbano di conventi, palazzi barocchi e piazze dove si affacciano architetture ricamate come merletti e chiese monumentali come la Cattedrale. Poi tutti a ballare sulle spiagge di Amaralina e Pituba, aspettando l’alba.