In Birmania – Myanmar il nome ufficiale – c’è un lago incantato protetto da una corona di montagne. Limpido, raccolto, poco profondo, fa da specchio privilegiato alla cornice di mercati che si animano nei giorni di luna piena e luna nuova. Il satellite terrestre da queste parti impone le sue regole naturali, del tutto indifferente al fatto che cinquant’anni fa veniva raggiunto dagli astronauti della Nasa a bordo dell’Apollo 11. Un anniversario, quello dell’allunaggio, festeggiato di recente in tutto il mondo, o quasi. Per i pescatori che abitano i villaggi del lago Inle, nella Birmania orientale, l’evento clou non è la ricorrenza di una navicella lanciata nello spazio mezzo secolo fa, ma una tradizione che affonda le sue origini nella notte dei tempi: il Festival della luna piena.
Nella religiosissima Birmania sono molte le feste che seguono i dettami della natura e della fede buddista. Il 90 per cento della popolazione crede nel Nirvana e ogni uomo, per essere davvero un fedele, deve vestire i panni del monaco almeno una volta nella vita: pochi giorni di meditazione in un monastero e si ha diritto al passaporto per la felicità. Fede e superstizione in questo Paese dal destino non facile si mescolano ai riti animisti, il culto degli spiriti va di pari passo con le feste sull’acqua e nelle pagode, che nei giorni di luna piena non sono semplici luoghi sacri ma la meta di una processione colorata e gentile, come mai si era vista prima. Sul lago Inle in autunno arrivano migliaia di pellegrini per unirsi nell’abbraccio collettivo dell’evento più spettacolare di tutta la Birmania, quello della Pagoda di Phaung Daw Oo, monumento sacro sulle sponde del lago, custode di effigi di Buddha ricoperte di lacche e foglie d’oro, e soprattutto grande protagonista della festa della luna.
Legato al ciclo lunare, il Festival della luna piena mette in scena veri e propri coup de théâtre. Preghiere al Buddha, regate competitive, performance di danza ed esibizioni di arti marziali, fanno da contorno alla processione della barca dorata (simboleggiante l’uccello mitologico karaweik) che galleggia sul lago trasportando una pagoda in miniatura. Per assistere al momento clou della cerimonia, I Grandi Viaggi ha creato un tour speciale, dall’8 al 19 ottobre, con tappa anche negli altri luoghi iconici della Birmania (Yangon, Bagan, Monywa, il fiume Irrawaddy, Mandalay…). La processione lacustre della barca sacra, seguita da centinaia di imbarcazioni di rematori vestiti con la divisa nazionale, camicia bianca e pantaloni arancioni, sfiora i villaggi affacciati su questo specchio d’acqua di 22 chilometri di lunghezza e 11 chilometri di larghezza, nel bel mezzo di una vegetazione color smeraldo. Vederli all’opera è un’emozione: remano con una gamba, stando dritti in equilibrio sull’altra, secondo una tecnica remota e consolidata che ai nostri occhi ricorda il movimento sinuoso dei serpenti.
La regata sacra avanza con il suo carico di meraviglia nella cornice di quegli strani villaggi costruiti su palafitte: per i “Figli dell’acqua” del lago Inle la vita trascorre sospesa sulla superficie liquida e trasparente del bacino lacustre, nel cuore dello stato di Shan, il più a Est della Birmania, al confine con Laos, Tailandia e Cina. L’incanto delle case sostenute da pali di bambù è amplificato dalla presenza di orti galleggianti e floating market come quello di Ywama, famoso per i tessuti e le lacche raffinate. Tutt’intorno, al di là delle colline che dipingono di verde il paesaggio, come un angolo di Svizzera in terra asiatica, protagoniste sono invece le pagode in legno, del XIII secolo, di un antico monastero. Altri frammenti di meraviglia sono il Nga Phe Kyaung, un centro religioso del Settecento costruito su palafitte, dimora di statue di Buddha e di colonie di gatti addestrati dai monaci, e il mercato galleggiante di Nampam. Fatto tutto di barche, bellissimo anche senza la luna piena.