Racconti di viaggio

Best of Japan (con fuga alle Seychelles)

Passeggiavo per Milano pensando al Giappone. Il cappuccio bianco del Monte Fuji, il blu del lago Ashi, le foglie rosso fuoco degli alberi di Nikko, catturati senza filtri dagli scatti del fotografo genovese Fabio Accorrà ed esposti in una mostra al consolato giapponese di Milano. Camminavo e ricordavo, in ordine sparso, il bagaglio di emozioni provate durante i miei numerosi viaggi nel paese del Sol Levante. La vita è strana, osservi una fotografia e clic, dentro di te scatta qualcosa, che non sarà un richiamo ancestrale ma almeno una sensazione incisa nella memoria, riemersa grazie a un semplice sguardo su una bella immagine. Così sono partito. Di nuovo. Con una piccola digressione sul tema: prima il Giappone, poi i soffici lidi delle Seychelles, per ricaricare le pile con un po’ di caldo e tanta – tantissima – voglia di mare.

 

LA TOKYO PREOLIMPICA

La capitale giapponese non può certo essere raccontata in poche righe, ma dato che il 2020 è l’anno delle Olimpiadi (cerimonia d’apertura il 24 luglio), un’occhiatina allo stadio appena inaugurato bisogna darla. Battezzato dai giapponesi “stadio-foresta”, è stato progettato dall’architetto Kengo Kuma con quasi 13mila tavole di cedro e senza impianto di aria condizionata: basterà il vento che soffia da nord a rinfrescare pubblico e atleti (con l’ausilio, se necessario, di giganteschi ventilatori e nebulizzatori d’acqua). In pieno centro, con vista sul

Monte Fuji e la Tokyo Tower, lo stadio olimpico è il punto di partenza per scoprire l’anima antica e moderna della città, dove lo skyline da vertigine dialoga senza filtri con gli antichi templi, gli hotel di lusso con i ryokan (le locande storiche), e i grattacieli che svettano all’orizzonte non azzerano il desiderio di tradizione. Parto dal “nuovo”, il Centro Cultura e Turismo Asakusa, sempre dell’archistar Kengo Kuma, che dà l’illusione ottica di tante abitazioni impilate, e gli avveniristici palazzi di Marunouchi che abbracciano l’imperdibile Museo Mitsubishi Ichigokan, in un edificio di fine Ottocento. Poi mi perdo nella nostalgia di luoghi senza tempo, come la Galleria Scai per mostre d’arte in un bagno pubblico del XIX secolo, e il Museo Nezu pieno di lacche, tessuti, sculture provenienti dall’Asia Orientale. Il tuffo nel passato comprende anche i monumenti della memoria: dal santuario shintoista Meiji Jingu in un bosco di querce e canfora, allo strepitoso Senso-ji che detiene il primato di tempio più famoso (e visitato) della capitale.

INCANTEVOLE KYOTO

Per ammirare i celebri ciliegi in fiore per i quali Kyoto è un vero hot spot, bisogna aspettare la primavera. Ma in questa città la poesia è trasversale, la incontri passeggiando nella foresta di bambù di Arashiyama, onirico “raccoglitore” di labirinti di canne, nel Padiglione d’Oro che si specchia nel lago, oppure lungo il Sentiero del Filosofo dove hanno camminato personalità celebri, compreso il filosofo Nishida Kitaro.

Questi luoghi che mettono in pausa i pensieri, barattando l’ansia e lo stress con la gentilezza della contemplazione, non sono casuali: Kyoto è la città del misticismo assoluto, l’apoteosi della bellezza e della grazia che dai templi costellati di torii (i portali rossi) si allungano fino ai giardini zen delle case, in un dialogo senza interruzioni. Passato e presente fusi in un amalgama regalano pause contemporanee laddove la tradizione regna assoluta, e la rilanciano in chiave creativa. Ecco allora le gallerie d’arte, i locali, gli atelier artigianali che rinnovano arti e usanze antiche secondo i nuovi, mai gridati, diktat della moda. Come il caffè fashion Ygion 2, nel quartiere delle geishe. Oppure la sala da tè Gion Niti per versioni alternative al tradizionale infuso di foglioline intinte nell’acqua calda, e l’incantevole Stardust che la proprietaria Kana Shimizu ha trasformato in un luogo elegantemente fusion: un po’ caffè vegano, un po’ boutique-galleria piena di candele, bijoux e ceramiche, una più bella dell’altra.

 

DA NARA A OSAKA

Nara e Osaka distano poco più di trenta chilometri, eppure sono diversissime. Antica capitale del Giappone la prima, con i templi che risalgono all’VIII secolo e i cervi che vivono liberi nei parchi, grande polo commerciale e portuale la seconda, famosa per la vita notturna, l’architettura, lo street food (e il Castello del XVI secolo in contrasto armonico con la modernità hi-tech della baia e del quartiere di Umeda, dove si trova l’Osservatorio Giardino Pensile). Visitatele entrambe e vi ritroverete ubriachi di emozioni: misticismo e spiritualità versus movida e buon cibo, servito fumante in un qualunque bar di strada. Aspettate, però, a decretare quale sarà la vostra favorita. Meglio pensarci su, nel caso voleste tornarci con un po’ più di tempo. Meglio prendere un aereo e concedersi una pausa detox nell’azzurro infinito di uno dei mari più belli del mondo: per le classifiche c’è sempre tempo.

FUGA AL CALDO

Uccelli esotici, pesci tropicali e tartarughe giganti. Sono gli “abitanti” di Praslin, l’isola più bella delle Seychelles, dove il verde della vegetazione sposa l’azzurro del mare con la naturalezza che solo il paradiso (esotico) sa mettere in scena. Qui, sull’isola delle palme, la Vallée de Mai è una riserva naturale dichiarata Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, e le spiagge di polvere bianca sono il tappeto più soffice sul quale si possa sognare di stendere l’asciugamano. Se Anse Lazio è di una bellezza da togliere il fiato, per dormire pieds dans l’eau consiglio il Cote d’Or Club, sulla spiaggia corallina di Anse Volbert: 36 camere con letto a baldacchino incorniciate da una vegetazione di palme e ibiscus che digrada dolcemente verso il mare, dove il lusso della semplicità si percepisce in ogni dettaglio. C’è anche un’isola nell’isola, ovvero, il Chauve Souris Relais, minuscolo resort di cinque stanze su uno scoglio a breve distanza da Praslin: il luogo perfetto per sentirsi naufraghi felici nell’abbraccio solitario dell’oceano.