Ho già scritto una volta di Bali (se avete voglia scorrete le pagine del blog e troverete l’articolo), però l’isola dove Mick Jagger sposò Jerry Hall con rito induista è talmente seducente, che non ho potuto fare a meno di tornarci.
Ho visitato il suo cuore autentico, ho passeggiato sulle spiagge bagnate da onde perfette per il surf, sono partito al cospetto di templi e vulcani. Risultato? Un pot-pourri di esperienze diverse (ma in un unico luogo) che mi sento vivamente di consigliare. Ecco, di seguito, i miei personalissimi suggerimenti: Bali in quattro mosse, perché no.
La magia di Ubud
Negli anni Sessanta Ubud era la mecca dei figli dei fiori e di molti artisti occidentali, che arrivavano fin qui attratti dall’arte del batik e della pittura naïf. Oggi è la meta di un turismo alternativo e raffinato, ammaliato dalla vegetazione esplosiva che sprofonda nella gola del fiume Ayung, sulla quale si affacciano centri yoga e wellness resort per staccare la spina dalla frenesia della vita. Ci sono anche visite culturali, come quella al Palazzo Reale davanti al grande mercato nel cuore della cittadina, che accanto ai generi alimentari propone interessanti souvenir d’artigianato. E dato che a Ubud vive una grande comunità di creativi occidentali, non mancano certo indirizzi di alto livello per mangiare e fare shopping. Nel primo caso vi consiglio Locavore, l’indirizzo gourmand più esclusivo, dove lo chef olandese Eelke Plasmeijer propone piatti contemporanei cucinati con prodotti di farmers locali. Di recente hanno aperto Nusantara by Locavore, laboratorio per food tasting di cucina indonesiana, che organizza anche interessanti corsi di cucina. Se poi cercate un’esperienza speciale, Bambu Indah è un bar-ristorante all’interno di una sorprendente struttura in bamboo che, disegnata in stile contemporaneo, richiama le tradizionali architetture indonesiane con i tetti spioventi (le cosiddette tongkonan): dopo cena ci si rilassa sui divani o sui dondoli sorseggiando cocktail. Lo shopping? Imperdibile Gaya Ceramic, un’elegante showroom gestito da due italiani innamorati dell’isola. Oppure Putri Ayu, la cooperativa tessile di ikat e batik appena fuori i confini urbani, e la fabbrica-showroom di gioielli in argento Prapen.
I templi sacri
A Bali la religione è radicata nella vita e nelle abitudini degli abitanti (il 90% sono induisti), così fuori da ogni casa, ogni scuola, ogni mercato e perfino molti hotel, si trova un tempietto per le offerte giornaliere alle divinità e agli antenati. Ogni cittadina ha il suo tempio ufficiale, ma i più importanti (e belli da visitare) sono quelli direzionali, posizionati cioè lungo i punti cardinali, con al centro il santuario di Besakih: il tempio di tutti i templi che si raggiunge in un paio d’ore di macchina da Ubud. Situato ai piedi del vulcano Agung, è una “piramide” di terrazze in pietra lungo le quali si allungano le decine di edifici religiosi che compongono l’insieme. Qui, ogni cento anni, si svolge la festività più sacra della tradizione induista: quella di Eka Dasa Rudra dedicata alla purificazione dell’universo. Dato che i templi a Bali sono moltissimi, visitarli tutti in un unico viaggio è impossibile. Vi suggerisco di non perdere quello di Batukaru, dell’XI secolo, all’interno dell’isola. E poi il Tanah Lot su un piccolo promontorio della costa ovest, gettonatissimo al tramonto per le foto con il sole sprofonda nell’oceano.
Le spiagge del divertimento
Chi va a Bali per le spiagge punta dritto a Kuta e Seminyak, dove il litorale di soffice sabbia bianca fa da cornice alla movida sfrenata che impazza in ogni mese dell’anno. È la Bali che piace ai giovani e ai trend setter, un’Ibiza in versione tropicale dove non mancano beach club esclusivi come Kudeta, un ristorante bordato di palme che si affaccia sul mare, sofisticato ed elegante, affiancato da un bar degno di una rivista d’arredamento, che prepara cocktail da sorseggiare con i piedi sul prato o nella sabbia. Di moda anche Potato Head, altro beach club con tre ristoranti, tre bar, la piscina a sfioro vista tramonto e un divertente anfiteatro colorato disegnato dall’architetto indonesiano Andra Matin. Se poi avete voglia di shopping, non c’è che l’imbarazzo della scelta: su Jalan Raya, la via principale di Seminyak, si trovano decine di boutique di stilisti europei e italiani, a partire da Biasa, che oltre all’abbigliamento vende anche una piccola collezione di gioielli e interessanti opere d’arte contemporanea.
Canggu, uno spicchio di Australia
Com’era Bali una ventina d’anni fa, quando le spiagge erano più spartane e i turisti non l’avevano ancora eletta (almeno, non del tutto) a meta tropicale per fuggire dal freddo dell’inverno? Per scoprirlo andate a Canggu, una deliziosa cittadina a pochi chilometri da Seminyak, piena di giovani australiani abbronzati che vengono qui per cavalcare con la tavola le onde da surf. Anche se questo sport forse non è la vostra passione, il luogo merita: è poco affollato ma vanta indirizzi interessantissimi, dal ristorante-bar-galleria d’arte The Slow, tutto bianco e verde, al Mocca Caffè in stile shabby chic, ai ristoranti biologici dove i turisti australiani trovano tutto quello che occorre: piatti sani e gustosi e divertimento con sottofondo musicale. Molti di loro hanno scelto di trasferirsi qui per qualche mese, senza smettere però di lavorare: quando non sono in spiaggia li trovate da Dojo Bali, un delizioso co-working con caffè, un patio con una piccola piscina, decine di postazioni per il pc e cabine per comunicare via skype col resto del mondo. Aperto (ovviamente) da un australiano, potrebbe fare venire voglia anche a voi di rimanere per sempre sull’isola degli Dei, dove molti occidentali, italiani inclusi, hanno già comprato casa. E non necessariamente per lavorare.