Racconti di viaggio

Penisola malese e Singapore, modernità high-tech e tradizioni

Passato e modernità, tradizioni e innovazioni, ma anche (anzi, soprattutto) la curiosità di respirare questi “ossimori culturali” in un angolo diverso di mondo. Benvenuti nella lontana Asia, dove le metropoli si sfidano a colpi architetture spettacolari e la storia si tinge del fascino misterioso dell’Oriente.

Un museo in un fiore di loto gigante (l’ArtScience Museum), una nave che galleggia nell’aria, un parco di alberi-robot. Il nuovo volto di Singapore è un “luna park” avveniristico sulla baia artificiale di Marina Bay: una città nella città, piena di virtuosismi urbanistici e follie green, dove i grattacieli (quelli del Marina Bay Sands, con la piscina a sfioro sul tetto a forma di nave) convivono con la natura perduta e ritrovata. Siamo in Asia, ma l’Oriente bisogna cercarlo. Appare invece subito chiaro che questo angolo di città hi-tech ha un’anima ecologica, grazie ai supertree, le piante artificiali di metallo, felci e orchidee dei Gardens by the Bay, che catturano i raggi del sole per produrre energia pulita, attraverso un sistema di turbine a vapore e cellule fotovoltaiche. Accanto, il Flower Dome e la Cloud Forest sono due cupole di vetro e acciaio che racchiudono piante e fiori appartenenti a specie rare, provenienti da ogni angolo del globo. La prima rappresenta la più grande serra open space al mondo e ricrea al suo interno climi di tipo mediterraneo e semi aridi. Nella seconda si trova invece un giardino verticale da cui sgorga una spettacolare cascata artificiale.

Effetti speciali per una città speciale, che accanto agli sprazzi di modernità mette in scena nostalgie mai tramontate come gli storici Botanic Gardens, il più bel giardino del continente per varietà di piante e orchidee. O come il mosaico di case e insegne colorate di Chinatown, con i templi appena fuori dalla metropolitana: insieme a Little India con le sue atmosfere da terra dei Maharaja, e al pittoresco quadrilatero di Arab Street (la zona islamica ricca di deliziose architetture pastello fra i grattacieli), sono la testimonianza pulsante di un passato fusion e interrazziale.

La Singapore occidentale, quella delle griffe e del lusso consumista, vive nei quartieri attorno a Orchard Road, dove per un appartamento si spendono milioni di euro e i centri commerciali di lusso crescono come funghi. Ion, per esempio, accanto alle griffe ospita gallerie d’arte e la Twg Tea, la sala da tè più fashion del sud-est asiatico. Una valida (e poetica) alternativa è il Raffles Hotel, lo storico, intramontabile monumento dell’ospitalità in stile coloniale: ha da poco compiuto 130 anni e propone il rito dell’afternoon tea nella Grand Lobby, in fase di riapertura dopo il restauro. Altre memorie sfilano sul tratto di lungofiume fra Robertson Quay e Boat Quay, in quella che viene considerata la passeggiata della movida. Con le case cinesi di un tempo che, rimesse a nuovo, oggi ospitano bar e ristoranti alla moda.

La porta della Malesia è la sua capitale, Kuala Lumpur, 350 chilometri a nord-ovest di Singapore. E la porta di Kuala Lumpur, il luogo dove tutti vanno per ammirarne lo skyline metropolitano, sono le Petronas Twin Towers: le “torri gemelle” dell’Asia, costruite negli anni Novanta dall’architetto argentino Cesar Pelli e subito elette a simbolo della modernità che, anche qui, avanza velocemente verso il futuro. Collegati dallo Skybridge, il ponte sospeso (naturalmente panoramico) a 171 metri d’altezza, i due grattacieli ospitano uffici e centri commerciali eletti a paradiso dello shopping. Se da lì vedete tutta la città, per vedere le torri dalla giusta prospettiva recatevi invece in un altro luogo iconico, il Menara Kuala Lumpur, chiamato anche KL Tower: i suoi 421 metri di tecnologica verticalità lo annoverano di diritto fra le torri delle comunicazioni più alte del mondo. E naturalmente c’è un ristorante girevole – Atmosphere 360° – per cenare ammirando il panorama.

A due ore di macchina da Kuala Lumpur va in scena la storia: capitale culturale della Malesia, Malacca è una delizia urbana protetta dall’Unesco che conserva lembi di tradizione lungo il fiume navigabile e nelle suggestive abitazioni in stile Baba e Nyonya, fusione tra elementi cinesi e malesi, documentate anche nell’omonimo museo. Fra memorie d’antan e colorati risciò si scoprono la piazza dello Stadthuys, il vecchio palazzo del governo olandese, il suggestivo museo navale, i negozi d’antiquariato e il Malaqa House Museum, che non è un museo ma un atelier d’artigianato. Tanti stili, forse troppi, se non fosse che Malacca è la summa del colonialismo europeo in Asia. Una memoria d’antan che emoziona proprio grazie al connubio armonico della sua diversità, circa 150 km a sud di Kuala Lumpur e poco meno di 250 km a nord di Singapore.