Racconti di viaggio

Giappone Imperiale

Siete mai stati a Tokyo in primavera? Nella stagione più magica dell’anno, il segreto della sua poesia è racchiuso nei petali di un fiore: sakura in giapponese, ciliegio in italiano, la cui fioritura – un evento nazionale annunciato con enfasi da tutti i media – coincide con un rito antico e mai passato di moda. Quello dell’hanami, l’atto, appunto, di “ammirare i fiori”.

Tokyo green seguendo i fiori

Fra i grattacieli e le luci al neon, i giapponesi si danno appuntamento sotto gli alberi all’inizio della fioritura, rapiti dalla soffice nuvola variopinta che dipinge i parchi e che regala – alla città e a tutto il Giappone – la fama di primavera più bella del mondo. Scorci di poesia pittorica invadono la capitale, in un clima di festa contagiosa dominato da pennellate di rosa e bianco candido che toccano la massima espressione estetica in tre luoghi-culto: il Showa Memorial Park, nella zona occidentale della metropoli, dove 1500 esemplari di sakura si uniscono ai tulipani e ai fiori di canola, in un tripudio di nuance. Oppure il Sarue Onshi Park, fra i più antichi, nell’area di Tokyo Bay, e il Koganei Park, dove circa 2000 ciliegi gonfiano con i loro petali simili a bambagia l’orizzonte verde del parco. È il romantico pretesto per un tour green (ma anche rosa e bianco) fra giardini e aree verdi che custodiscono i templi e santuari per i quali il Giappone è famoso. Un fenomeno che negli ultimi anni ha preso piede, al punto che è stata da poco lanciata la guida on line “Find your green Tokyo”, piena di dritte e suggerimenti per chi cerca, nei diversi quartieri della metropoli, una simbiosi fra uomo e natura (www.asahi.com/ads/fygt/en).

Alla scoperta di Kyoto

Seguendo il fil rouge dell’hanami, a bordo di un treno proiettile si può sostare a Odawara, porta d’ingresso alla valle di Owakudani, per ammirare il Monte Fuji incappucciato di neve. Una montagna dalla forma perfetta (dichiarata patrimonio Unesco), magistralmente immortalata nelle stampe di Katsushika Hokusai, il più celebre pittore giapponese a cavallo fra Sette-Ottocento, le cui opere hanno fatto il giro dei principali musei internazionali. Ma si può anche fare rotta su Kyoto, città incantata dove il rosa dei ciliegi si fonde con il rosso acceso dei templi buddisti, dove le Geishe si chiamano Geiko e Maiko nel caso delle apprendiste (figure quasi mitiche, non sempre facile da incontrare), e i giardini Zen (per esempio, quello di Ryōan-ji) invitano alla riflessione fra le rocce incorniciate dalla sabbia rastrellata. Capitale del Giappone imperiale per oltre mille anni, Kyoto regala rari scorci di tradizione, dalle cene preparate nei ryokan, gli alberghi tradizionali, alla cerimonia del tè che, sfiorando la perfezione, diventa quasi una forma di meditazione. Ci si lascia rapire dal suo tempo immobile dopo aver percorso il tragitto che la separa da Tokyo a bordo di un treno che viaggia alla velocità di 350 km orari. E si percepisce che, sullo sfondo dei ciliegi e dei loro delicati cromatismi primaverili, l’antico può trasformarsi in eternità.

Nara e il Monte Koya

Nara è stata la prima capitale del Giappone. La separano quaranta chilometri da Kyoto e “qualche secolo” da Tokyo, perché nel cuore urbano non ci sono grattacieli ma dolci colline, strade strette, templi e un parco dove zampettano cervi e bambi, animali che un tempo erano considerati sacri e che oggi sono stati dichiarati patrimonio nazionale. Se Tokyo è il futuro che avanza, e Kyoto il volto zen del Giappone, Nara è il luogo dove il Paese ha assunto la sua prima identità. La storia nazionale è stata scritta fra i campi di riso, con i templi buddisti (allora) sparsi fra i villaggi – quello di Hōryū-ji, con le più antiche costruzioni sacre in legno del mondo, e il santuario shintoista Kasuga dove abitano le divinità fondatrici del Sol Levante. Qui perfino la visita a una cantina di sakè diventa un’esperienza dell’anima (in quella di Ume No Yado, dove il nettare di riso si produce da oltre un secolo con metodi artigianali, ti spiegano che rendono puntualmente omaggio alla divinità protettrice nel santuario shintoista di Omiwa). Del resto a Nara la spiritualità è radicata nelle radici e distribuisce effetti da grande show, come si percepisce entrando nel complesso di Tōdai-ji, dove è custodita una colossale statua del Buddha. Per un’esperienza ancora più intrisa di misticismo si può proseguire fino al Monte Kōya, una settantina di chilometri più a sud: è una montagna sacra costellata di pagode, dove duemila anni fa è nato il Buddismo Shingon. Muschio, foschia, alberi, profumo di incenso, un senso di pace infinita… Le luci di Tokyo sono lontane come un altro pianeta.