Racconti di viaggio

Cuba, un viaggio fra i siti Unesco

Prima volta sull’isola caraibica? Ecco le 5 cose da non perdere (tutte Patrimonio dell’umanità) per una full immersion di cultura, natura, musica, arte, suggestioni.

 

L’Avana

Il Malecón, che sta all’Avana come San Marco sta a Venezia, è un nastro asfaltato di 8 chilometri costruito in più fasi, a partire dal 1901, per delineare un confine netto, o chissà, un trait d’union, fra la città e l’azzurra superficie imbronciata dell’Estrecho de Florida. Percorretelo, e insieme al mare vedrete sfilare diversi monumenti: il Torreón de la Chorrera, il Castillo de San Salvador de la Punta, il Torreón de San Lázaro, l’Hotel Nacional, dove scendeva Rita Hayworth. Ma più di ogni altra cosa, il Malecón è un inno alla vita: una passerella incorniciata da architetture coloniali, dove si passeggia, si osserva il mare, si pesca, si suona, si canta, si amoreggia, si balla perfino. Altri miti della capitale cubana sono il mojito alla Bodeguita del Medio e il daiquiri al Floridita («Mi mojito en La Bodeguita, mi daiquiri en El Floridita», raccontava Hemingway, che di questi locali era un vero fan). Oppure il glorioso cabaret Tropicana nel quartiere di Marianao, uno dei teatri di rivista più famosi del mondo, palcoscenico di artisti come Nat King Cole e Josephine Baker. Poi ci sono i monumenti, patrimonio Unesco, dell’Avana Vecchia: dalla cattedrale barocca che fa da quinta a una piazza bellissima, alla Iglesia Menor de San Francisco de Asis, ai palazzi color sorbetto rinati a colpi di restauro. Ci vorrebbero intere pagine per raccontare la bellezza della capitale cubana.

Santiago de Cuba

Con il suo mezzo milione di abitanti, la seconda città più popolata dell’isola è un vero scrigno di tesori. Se cercate la storia partite dal Parque Céspedes, che non è un parco ma una piazza nel cuore della ciudad colonial: il ‘500 è simboleggiato dalla casa del conquistadores spagnolo Diego Velázquez; l’800 è riassunto nell’imponente facciata neoclassica della cattedrale; gli anni ’20 imperano all’Hotel Casa Granda, dove tutto è ancora come all’epoca dell’apertura; i mitici fifties sono di casa nell’Ayuntamiento, il municipio bianco e azzurro eretto a metà del Novecento in stile neocoloniale. Poi basta spostarsi di un centinaio di metri da Parque Céspedes per imbattersi nella folcloristica scalinata di Padre Pico, fatta costruire da Emilio Bacardi ai primi del ‘900.

Fuori città, sulle scogliere all’imbocco della baia, il Castillo San Pedro de la Roca parla un po’ italiano: sito Unesco, fu costruito secondo i principi dell’architettura rinascimentale su progetto di Giovanni Battista Antonelli. Ma Santiago è famosa anche per il Carnevale, retaggio dell’epoca della schiavitù, quando i padroni concedevano agli schiavi di sfogare le frustrazioni lanciandosi in danze sfrenate. Per festeggiarlo a ritmo di conga dovete aspettare l’estate, ma qui la musica rimbalza sempre e ovunque, anche quando non è Carnevale. Andate alla Casa de la Trova e assisterete, quasi ogni sera, a performance di musicisti e ballerini di grande valore.

 

Camagüey

Questa cittadina della provincia centro-orientale, è fra gli insediamenti più antichi dell’Isla Grande: un labirinto di vicoli, strade cieche e piazzette, costruito nel ‘500 per disorientare i pirati e che ora “cattura” turisti e occasionali visitatori, rimbalzandoli da un tesoro coloniale all’altro. Su Plaza de los Trabajadores si affacciano la Iglesia di Nuestra Señora de la Merced, con i suoi imponenti matronei barocchi, e la Casa Natal del patriota Ignacio Agramonte. Plaza de San Juan de Dios, più messicana che cubana, accoglie l’omonimo museo che è stato un tempo l’ospedale dei poveri, mentre Plaza del Carmen (con la bellissima chiesa) fa da cornice a delle” statue viventi”: figure a grandezza naturale create dall’artista Martha Petrona Jiménez, prendendo come modelli gli abitanti di Camagüey. Nel centro storico sotto l’egida dell’Unesco, una passeggiata bisogna farla anche di notte, quando dai vicoli bui si sbircia nelle case coloniali rubando scene di vita familiare che sembrano uscite da un affresco.

 

Trinidad

A Trinidad, nel centro dell’isola, i turisti si sparpagliano nel pittoresco incrocio di stradine e piazze ornate da palme e ferri battuti protetti dall’Unesco: qualche ora per curiosare nelle splendide case délabré colme di mobili e oggetti d’epoca (come le grandi sedie a dondolo in legno tipiche di Cuba e le mamparas, le artistiche porte in legno e vetro), per comprare tovaglie ricamate a mano che le donne vendono nei vicoli o per assaggiare la canchánchara, il cocktail al rum, limone e miele dell’omonima taverna, ascoltando canzoni del Quinteto Cohímbre. La sera, invece, l’appuntamento è sulla scalinata ai piedi della Casa de la Música, vicino a Plaza Mayor, dove si esibiscono cantanti, orchestre, ballerini e fantasisti, e il mojito scorre a fiumi tra gli spettatori assiepati sui gradini. Per farsi un’idea di come doveva essere agiata la vita al tempo delle colonie si può fare un giro nelle stanze di Palacio Brunet, oggi Museo Romantico. È una bella dimora ottocentesca che conserva mobili in legno pregiato, porcellane di Sèvres, cristalli di Boemia e antichi letti a baldacchino.

 

Pinar del Río

A Pinar del Río, vetusti camion agricoli e bancarelle di frutti tropicali dai colori e sapori straordinari, sono il primo incontro con questa provincia dall’anima selvaggia, dove dal verde delle piantagioni spuntano i bohíos, capanne di palma che fungono da abitazioni o da essiccatoi per le foglie di tabacco, e la visita della locale fabbrica di sigari svela l’abilità dei cubani nel confezionarli sovrapponendo strato su strato vari tipi di foglia. Poi la Valle Viñales ti sorprende al centro di un paesaggio di montagnette d’origine carsica, simili a tanti panettoni verdi. Li chiamano mogotes, sono vecchi milioni di anni e celano numerose caverne e fiumi sotterranei.

L’atmosfera singolare di questo luogo iscritto nella lista dell’Unesco, ha ispirato all’artista messicano Leovigildo Gonzáles Morillo, seguace di Diego Rivera, un enorme e colorato affresco dipinto sulla roccia ai piedi della Sierra de Viñales. L’ha chiamato Mural de la Prehistoria, ed è un perfetto soggetto fotografico che brilla sotto il sole dei Caraibi.