Racconti di viaggio

Alla scoperta del Giappone alternativo

Penso che il Giappone sia l’arcipelago più enigmatico del mondo. Non tanto per il numero di isole che lo compongono (quasi 7.000), quanto piuttosto per l’infinita varietà di paesaggi che lo caratterizza, come si può constatare una volta messo piede su uno Shinkansen, il treno ad alta velocità che in poco più di due ore ti proietta dai grattacieli avveniristici di Tokyo all’incanto mistico di Kyoto, la città dei mille templi che molti considerano la più bella della nazione. Tokyo e Kyoto sono i due estremi spazio-temporali di un itinerario che tocca tutte le sfumature dell’anima, ma l’Island hopping nipponico comprende molte altre meraviglie, che proverò a raccontarvi in questo breve diario di viaggio dove, pagina dopo pagina, immagine dopo immagine, capirete perché il Paese del Sol Levante è un luogo straordinario che vale davvero la pena di scoprire.

Ancora più in fermento del solito per via delle Olimpiadi che si svolgeranno nel 2020, la capitale giapponese fa della propulsione al cambiamento la sua principale attitudine: sei nella città dove la tecnologia invade ogni ambito della sfera sociale e urbana, dove sono nate mode come quelle delle Harajuku girls che con la loro filosofia un po’ pazza (“non esiste limite a quello che si vuole indossare”) dettano le regole fra le teenagers… Ma in questo tourbillon di stimoli percepisci anche un’atmosfera di rispetto collettivo: gli abitanti sono milioni però c’è spazio per tutti, perché tutti si rispettano.

Amo questa città piena di parchi dove i giapponesi fanno yoga, con i giardini botanici profumati di primavera e i quartieri alternativi come quello di Daikanyama, pieno di librerie, ristoranti, negozi che sopravvivono ai grandi centri commerciali. Rimango incantato dai monumenti, e ogni sera cedo alla tentazione di un ristorante di sushi sapendo che il pesce è freschissimo, acquistato ogni mattina allo Tsukiji, il mercato ittico più grande del mondo. Tokyo alterna modernità e tradizione, estetismo raffinato ed eccentricità, ma bastano poco più di due ore sul “treno-proiettile” per passare dal futuro al passato, alla velocità media di 275 chilometri orari.

Kyoto, l’antica capitale dell’impero, la città più spirituale del Sud-Est asiatico, custodisce la memoria e incarna i sogni, le tradizioni, le ricchezze estetiche del Paese. È una poesia urbana di quartieri storici con le abitazioni in legno che svelano sale da tè impregnate di riti e galatei, con il mondo fluttuante delle geishe che vibra ancora nelle strade e nelle case, con il mosaico di padiglioni sacri, santuari, templi protetti dall’Unesco: visito il Tempio Sanjusangen-do, famoso per le spettacolare pagoda in legno, il Castello di Nijo con le porte scorrevoli ricoperte di dipinti, il Padiglione Dorato che si specchia nell’acqua, la foresta di Arashiyama dove in primavera sbocciano i fiori dei ciliegi e in autunno esplode il foliage.

Le guide mi consigliano (a ragione) di non perdere le escursioni a Nara e al Castello militare di Himeji, ennesimo gioiello protetto dall’Unesco, fino al memoriale di Hiroshima, quel Parco della Pace eretto in memoria della strage atomica che nel 1945 provocò la morte di quasi 200.000 persone. Lì, dove la città è risorta attorno alle sue macerie, i colori della natura esplodono con tutta la loro forza evocativa a sottolineare che la vita è più forte della tragedia, anche quella più raccapricciante.

Poi il mio viaggio mi porta alla scoperta dei templi del Monte Koya, dove all’alba si può pregare con i monaci, e dei sentieri del pellegrinaggio Kumano Kodo, fra le montagne della prefettura di Wakayama: i cammini mistici nel cuore spirituale del Paese, che molti venerano come la dimora degli Dei. Mentre cammino le foreste abbracciano l’orizzonte, l’aria sembra virare al verde, i pensieri si fanno leggeri, fino a diventare contemplazione.

Questo viaggio sacro nella raffinatezza mi allontana dallo stress quotidiano proiettandomi in una dimensione aurea dove il tempo si dilata finché Osaka, la tappa successiva, mi conquista con le sue meraviglie, come il Castello del XVI secolo in contrasto armonico con la modernità hi-tech della baia e del quartiere di Umeda, dove si trova l’Osservatorio Giardino Pensile. Ma la terza città del Paese è, nel mio caso, solo un passaggio fugace fra i Kumano Kodo e la città di Kanazawa che custodisce, fra le molte meraviglie, quartieri antichi e il Giardino Kenroku-en, considerato, a ragione, uno dei più belli del Giappone.

Nell’abbraccio del mare e delle montagne, scopro anche musei inaspettati come quello dedicato al filosofo buddista Daisetz Suzuki, e quello di Arte Contemporanea firmato dai super architetti Sejima Kazuyo e Nishizawa Ryue (SANAA), che nel loro studio di Tokyo hanno ideato alcune fra le opere più avveniristiche del pianeta. Questa pausa di modernità elegante anticipa, in contrasto armonico, le visite dei giorni successivi, dalle case di campagna “Gassho-Zukuri” al Parco Nazionale di Fuji-Hakone che abbraccia, in un territorio magico e diversificato, le principali icone naturalistiche di questo spicchio di Giappone: il Monte Fuji, le isole Izu e la Regione dei Cinque Laghi.

Difficile scoprire tutto in unico viaggio, ma la veduta del vulcano incappucciato di neve, che è stato immortalato magistralmente dal pittore Hokusai nella sua opera “Trentasei vedute del Monte Fuji”, è già sufficiente per riempire l’anima di beatitudine. Fate come me, “risalitelo” fin dove riuscite per ammirare l’alba e il panorama della vicina città di Tokyo. E rimandate tranquillamente il resto al prossimo viaggio.